Nel tempo sospeso del Giubileo, in cui milioni di persone si mettono in cammino non solo fisicamente ma anche interiormente, il tema della salute mentale acquista un valore ancora più profondo. In un’epoca segnata da incertezze, solitudini e trasformazioni sociali accelerate, la figura dello psicologo diventa centrale per accompagnare le persone nella riscoperta del proprio equilibrio.
Ne abbiamo parlato con Cristian Pagliariccio, psicologo e rappresentante dell’Ordine degli Psicologi del Lazio, per approfondire il senso della cura psicologica oggi, il bisogno crescente di ascolto autentico, e le sfide – ma anche le opportunità – che il Giubileo può rappresentare per una nuova cultura della salute mentale.
Un dialogo aperto che mette al centro la persona, la comunità e la possibilità concreta di prendersi cura di sé e degli altri. Perché non può esserci salute – né spirituale, né sociale – senza salute psicologica.
Perché eventi come il Giubileo, con la loro dimensione spirituale e comunitaria, possono avere un impatto positivo sulla psiche delle persone?
Su questo non abbiamo grandi riferimenti di ricerca. Esprimo quindi un punto di vista molto personale. Da un punto di vista laico, penso che tali eventi offrano occasioni per ridurre la propria dissonanza cognitiva. La dissonanza cognitiva è uno spiacevole stato mentale (ad alcuni livelli anche molto doloroso), che può verificarsi se una persona ha realmente determinate convinzioni ma pensa o agisce in modi che contraddicono tali convinzioni. Non ha a che fare, quindi, con l’ipocrisia dove ci si vuol mostrare per ciò che non si è, per una questione di facciata. In questo senso, eventi come il Giubileo potrebbero avere il potenziale per apportare benefici interni ed esterni. Internamente, a livello psicologico individuale, tali eventi possono stimolare un migliore senso di coerenza interna che aiuta a far pace con sé. A livello esterno e relazionale, può aumentare il livello di connessione sociale e favorire pratiche di inclusione, gentilezza, rispetto, ecc., che hanno un impatto positivo.
Che consiglio darebbe a un pellegrino che vuole utilizzare la fede e la preghiera come strumenti per rafforzare il proprio equilibrio mentale durante il Giubileo?
Anche qui, esprimo un punto di vista molto personale e laico. Penso sia utile ricordarsi di essere un pellegrino o una pellegrina e non una persona in vacanza che, conclusi l’esperienza e l’entusiasmo del momento, torna alla sua vita quasi come se nulla fosse accaduto. Prima, quindi, può essere utile prepararsi per avere un’esperienza spirituale trasformativa, che aiuti a ritrovare più coerenza tra la propria fede e il proprio stile di vita e le proprie azioni. Durante i riti legati al Giubileo, invece, può essere utile maturare e alimentare la forza necessaria per mettere a fuoco e realizzare intenzioni coerenti con la propria fede.
E una volta terminata l’esperienza del Giubileo?
Dopo, ritornando a casa, può essere utile operare con azioni concrete che aiutino a realizzare una trasformazione personale. Non penso siano necessari grandi stravolgimenti. Nella maggior parte dei casi, piccoli passi in avanti potrebbero essere sufficienti per contribuire al proprio benessere, con manifestazioni concrete e quotidiane di prosocialità (aiuto, ascolto, solidarietà, pazienza, ecc.). In altri, visto che sperare non costa nulla, penso che sarebbe molto bello se, dopo aver sperimentato un senso di riconciliazione con Dio, alcune persone pensassero di riconciliarsi anche con il mondo più terreno (costituendosi per violenze e crimini commessi, chiedendo perdono alle vittime e riparando quanto possibile, interrompendo azioni violente o desistendo da esse, ecc.).